Matteconomics: jobs act senza crescita nè sviluppo

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Sono molto sensibile al tema del precariato, essendo io precario – o “atipico”, fantastico neologismo con cui il genio italico nobilita una condizione di sfruttamento (per me l’aggettivo atipico è un complimento!) – dall’inizio della mia vita lavorativa.
Ma leggendo sul giornale la sintesi del primo pilastro del jobs act renzian-polettiano appena approvato sono stato preso da un certo fastidio.
Ma come? – ho pensato – la rivoluzione del Sindaco si riduce a piccole trovate dirigiste tipiche del legislatore italiano “da rottamare” come: proroghe, accorciamenti, sconti contributivi, piani formativi, se entro 45 giorni…, sennò…., obbligo di questo, divieto di quest’altro?
Intanto la Germania registra una crescita economica ininterrotta e tumultuosa, Londra rivive i fasti della cool Britain e la Francia, considerata la malata d’Europa, comunque ci surclassa nei valori di PIL e soprattutto nell’efficienza del welfare state.

Il problema dell’Italia è la crescita, che manca da anni (non ricordo una recessione così lunga), e soprattutto lo sviluppo, che manca da decenni.

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Spero che l’attenzione mediatica che Renzi ha riflesso – attraverso il suo prorompente protagonismo – sulle scuole si traduca in una attenzione più concreta alla qualità del nostro sistema scolastico e formativo: valorizzazione degli insegnanti e degli alunni meritevoli bilanciata da un maggiore riconoscimento economico e sociale per i prof e dalla certezza, per i ragazzi che si impegnano e dimostrano le proprie capacità, di raggiungere le posizioni che meritano nei propri contesti di lavoro.

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Lo svecchiamento delle posizioni di potere non era un obiettivo del Rottamatore? Si riempiano i muri ed il web di concorsi pubblici di idee per attrarre ed utilizzare per il bene della collettività la grande riserva di creatività e di competenza dei ventenni italiani.

Sia dia almeno attuazione al prestito d’onore per l’autoimprenditorialita dei giovani e delle donne disposto dal decreto Destinazione Italia del tanto vutuperato governo Letta.
Forse l’ultimo – criticato e deriso – sussulto di politica economica da parte dei nostri governanti.

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Renzinomics

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Condivido al 100% la priorità per la scuola più volte annunciata dal premier: lo scandalo era il disinteresse degli ultimi decenni per un settore squisitamente pubblico, basilare per il futuro della nostra società.
Il vivaio della speranza, della parte più vivace ed entusiasta delle nostre comunità: i bambini e i ragazzi.
Una scuola oggi invecchiata, demoralizzata, privata di giovani energie, bloccata, chiusa in sé stessa. Va messa in sicurezza, resa una fucina di talenti ed una corazza contro il disagio sociale.

Altre eruzioni renziane però rischiano di rimanere solo slogan. Le slide sono divulgative, ma assai imprecise: + 100 euro mensili a chi guadagna meno di 1500, la slide rimane fissa in tv a fianco di un Renzi intento a spiegare la rivoluzione. Ma chi paga?

Il sito del Governo è stato poco aggiornato dal giorno del giuramento. C’è il rodaggio, lo so, ma non ci sono state elezioni in grado di bloccare tutto, solo un cambio “sereno” di governo (si fa per dire).

Arrivano le puntualizzazioni della Commissione Europea sul nuovo mega-programma italiano di utilizzo dei lauti fondi comunitari 2014-2020, segue breve comunicato governativo: seguiremo le prescrizioni, non ti preoccupare mamma UE.
Tuttavia: abolito il ministro della coesione, chi se ne occupa? E, in nome della trasparenza, perché non pubblicare sul sito il documento che ci ha inviato dalla Commissione?

Jobs act: aspettiamo i testi di legge. Ho fiducia che vengano liberate opportunità per i giovani. Superando i veti di chi rappresenta i loro padri e le loro madri, lavoratori a tempo indeterminato o pensionati.